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BLOG AND EMILI / Non c’è User Experience senza User

Non c’è User Experience senza User


Nella costruzione della User Experience di un prodotto digitale possiamo avvalerci di nozioni di usabilità e di psicologia; possiamo (e dobbiamo) mettere all'opera best practices e richiamare l’attenzione di tutto il team verso di esse. Tutto questo non ci esime però dall'affrontare il fulcro del concetto stesso di UX: parlare con l’utente finale.

Cover Photo by Brett Jordan on Unsplash

Come professionisti di User Experience ci capita spesso di essere reclutati come “miglioratori” o “revisori”: siamo chiamati a certificare la “conformità” o meno di prodotti digitali rispetto a generici principi di UX. Nel farlo ci avvaliamo di diversi strumenti:

Si tratta di aspetti importanti del nostro lavoro; tuttavia accade spesso che il nostro ingaggio non preveda l’attività che sta a fondamento della User Experience, cioè interrogare e osservare gli utenti.

Questo a dispetto della popolarità di artefatti come le personas ed i customer journey, che in mancanza di ricerca sul campo vengono costruiti su pregiudizi, su quello che crediamo che gli utenti vogliano e si aspettino. Il risultato è che spesso parliamo di personas quando in realtà abbiamo proto-personas, in cui cristallizziamo i nostri pregiudizi (o quelli del nostro committente) invece di metterli alla prova dei fatti. Ma la user research dovrebbe avere come primo obiettivo di darci torto, non ragione. Solo così c’è spazio per la scoperta, e per le vere opportunità di fare la differenza. Anche a livello di business: scoprire un bisogno imprevisto dell’utente vuol dire scoprire una potenziale killer feature che ci differenzierà dalla concorrenza.


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Ricordiamoci che abbiamo la tendenza innata di sovrastimare quanto le altre persone condividano i nostri giudizi e i nostri valori: crediamo che le persone “normali” vedano un’interfaccia come la vediamo noi, e solo quelle “strane” la interpretino diversamente o “non la capiscano”. Si tratta dell’effetto del falso consenso, che si sintetizza nel monito “you are not the user” che ogni buon designer dovrebbe tenere sempre presente. Ricordiamoci che le nostre idee di design, per quanto buone ci sembrino, sono sempre da trattare come ipotesi da validare, e che la validazione passa necessariamente per l’utente finale. Nelle parole di Erika Hall:

Quando il pensiero a ruota libera incontra la realtà, la realtà vince. Bisogna farsi amica la realtà.

 

La realtà sono gli utenti reali nel mondo reale, fuori dal nostro studio o dall'ufficio del committente.
Perché allora non svolgere attività di ricerca sugli utenti? Le obiezioni principali che incontriamo sulla strada della user research sono:
  1. non abbiamo abbastanza tempo;
  2. non abbiamo abbastanza risorse/budget;
  3. sappiamo già chi sono i nostri utenti.

La risposta al punto 3 l’abbiamo già: quello che pensiamo di sapere lo dobbiamo validare con la ricerca (che ci riserverà sorprese). Per quanto riguarda i punti 1 e 2: chiunque viva nel mondo reale sa che ogni progetto è una corsa contro il tempo e gli imprevisti. Il cliente richiede funzionalità da consegnare il prima possibile, il product owner o project manager si preoccupa che budget e scadenze vengano rispettati. La domanda cruciale tuttavia è: quanto ci costerà in futuro non fare ricerca sugli utenti? Potrebbe far lievitare i costi di assistenza post-vendita; potrebbe generare zero conversioni; decretare il fallimento totale o parziale di tutto il progetto. D’altra parte, consci delle limitazioni in cui ci muoviamo quotidianamente, dobbiamo proporre percorsi di ricerca che siano sostenibili: dobbiamo fare in modo che la ricerca trovi tempo e risorse tra quelle che abbiamo, in modo che nessuno possa dire che non abbiamo tempo e risorse per la ricerca.

Le attività di ricerca da svolgere sono essenzialmente suddivise in quelle da svolgere prima, durante e dopo lo sviluppo di un prodotto digitale. Se abbiamo limitazioni di tempo e budget (e le abbiamo) dobbiamo concentrarci su quelle essenziali.

  • Prima di partire con lo sviluppo, parliamo con utenti potenziali per capire le loro aspettative, i loro obiettivi e le loro difficoltà: solo così avremo la possibilità di creare personas e journeys veramente utili. Lo strumento principale resta l’intervista, meglio se faccia a faccia; ci sono anche strumenti indiretti, come i sondaggi, i quali però vanno maneggiati con attenzione.
  • Durante lo sviluppo del progetto testiamo le funzionalità secondo la metodologia del minimum viable product: utilizziamo prototipi più o meno grezzi per verificare che permettano all'utente di completare task e raggiungere obiettivi. Parliamo qui di test di usabilità veri e propri: è una attività fondamentale, che può essere condotta proficuamente con appena 3 utenti rappresentativi.
  • Dopo il rilascio del nostro prodotto digitale la ricerca continua: verifichiamo periodicamente che le aspettative degli utenti siano soddisfatte, mettendole in relazione ai KPI del progetto. Continuiamo a intervistare gli utenti, confrontiamo i dati degli analytics: continuiamo a imparare per aggiornare il nostro progetto, dalle personas alle funzionalità implementate.

Don- Giovanni -e -la -statua -del -Commendatore-elaborazione- da- Alexandre-Évariste- FragonardDon Giovanni e la statua del Commendatore (elaborazione da Alexandre-Évariste Fragonard)

Questi sono solo alcuni dei motivi per cui non ci dobbiamo accontentare del “sentito dire” quando si tratta di conoscere i nostri utenti. Parlare di UX o User Centered Design senza parlare con gli utenti significa trasformarli nei “convitati di pietra” del nostro progetto: privi di parola ma, come la statua del Commendatore nel Don Giovanni, alla fine capaci di trascinare negli abissi il lavoro di settimane o di mesi.

 


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